mercoledì 5 giugno 2013

OPEN

Sto leggendo un libro.
In realtà non lo sto leggendo davvero, lo sto centellinando. Pagina dopo pagina, riga dopo riga, parola dopo parola.
Ho paura che finisca. E non voglio. Ma finirà. Fra poco.
E' la mia buonanotte ogni sera. Mi piace.
Mi piace immedesimarmi nei personaggi, sia femminili che maschili. Nelle loro emozioni e delusioni.
Ho sempre preferito le storie vere a quelle fantastiche. Queste -le fantastiche intendo- sono buone a trascendere la realtà e a provare utopie. Che male non fa, ma io sono una di indole pratica. Sostanzialmente.
Sono seduta alla scrivania, con la poltrona spostata verso destra, verso il pc, e picchietto sulla tastiera cercando di non farmi sentire, o per lo meno curandomi di non attirare l'attenzione di seguace1 che è esattamente di fronte a me e che è immersa nella giurisprudenza e dottrina di non so quale materia.
Nel libro ho amato il contenuto di pagina 240.
L'avrò letta e riletta almeno 5 volte. ".. se insegui la perfezione e fai della perfezione il tuo obiettivo ultimo, sai che succede? Insegui qualcosa che non esiste. Rendi infelici tutte le persone di fianco a te....".
Sabato scorso ho giocato la mia prima vera partita di tennis.  Una partita con una P potenzialmente maiuscola, ma che col mio carattere emotivo ho reso così piccola che quasi non sarebbe più stata definibile tale.
Sono arrivata al circolo alle 12.40. Sola.
Abbracciando strette le mie due racchette e le bottiglie d'acqua.
Sorrido all'avversaria e le porgo la mano.
Lei, 19 anni, mi scruta e mi presenta i suoi genitori. Rimarranno per l'intero match  a farle il tifo.
Io annuisco e mi rendo conto che forse avrei potuto chiedere a qualcuno di assistermi, giusto per...ma non l'ho fatto.
A ogni cambio campo il padre di lei con lo scopino  si  precipita a pulire le righe meticolosamente, che non si sa mai, dice..
Io faccio finta di nulla, ma a ogni passo di questo tizio il sangue mi va dritto al cervello a una velocità da F1.
Nel campo a fianco, ironia della sorte, vedo entrare 1 ora dopo di me Darcy e un altro tizio.
Mille ragazzine in giubilo per i colpi di Darcy e altrettanti applausi a ogni punto.
Intanto io regalo tutto quello che mente umana avrebbe potuto immaginarsi alla mia avversaria.
Primo set perso: 6-4.
E onestamente non so manco come sia riuscita a strappare quei 4 game.
Nel secondo mi riprendo. Inizialmente tentenno un po', ma poi me lo aggiudico.
6-3.
Nel terzo set vinco il primo game e perdo il secondo. 1-1.
Mi volto verso Darcy, vestito come Nadal, e vedo che una ragazza gli corre incontro abbracciandolo. "Bravo campione".
Chiudo gli occhi e ritorno a me, alla partita, al caldo torrido, alla salivazione inesistente, all'acqua che sta finendo, al battito cardiaco accelerato e alla tristezza.
Comincio a collezionare una serie di errori pazzeschi. L'avversaria ha il rovescio debole e io continuo a tirarle sul dritto.
Sul 5-2 per lei mi sveglio. Comincio a combattere, vinco altri due game e ritorno a crederci.
Darcy non è più sul campo, forse sarà a festeggiare con le sue fan. Quelle cretine.
La mia testa ritorna a volare in un'altra dimensione. Verso un mondo parallelo e quando mi rendo conto che sto per perdere tento dei colpi disperati. Alcuni mi vengono. Ma non è abbastanza.
Anzi, è troppo tardi.
A fine partita stringo la mano anche ai genitori che avevano le mani sporche di terrarossa.
 " Complimenti, 10 anni in meno si sentono. Andrai lontano."
E mentre esco dal campo cerco di trattenere una crisi isterica immininente.
Stranamente riesco a domare le mie emozioni. Per 5 minuti.
Non penso neanche una parola di quello che ho detto per circostanza alla 19enne.
Ho gli occhi pieni di lacrime.
Dopo 3 ore e dieci di partita, dalle 13 alle 16.10 ne esco perdente. Cotta, bruciata dal sole e col morale sotto terra.
La mia" racchetta d'oro" è iniziata e finita nell'arco di un pomeriggio, di un unico pomeriggio.
A dire la verità, la 19enne sarebbe stata la mia avversaria perfetta da battere al primo turno. Colpi deboli e servizio scarso. Se non fosse che io ho giocato ben peggio di lei.
Furibonda salgo in macchina, lascio gli omaggi in segreteria e senza salutare alcuno mi chiudo in me stessa.
Guardo la mia racchetta, la mia amata Head e la odio.
Mi balena per un secondo l'idea di spaccarla, di farla in mille pezzi, tanto...Mi sarebbe ancora servita?
Il Boss è appena entrata nella nostra stanza e ci ha invitate nella sua per una pausa caffè.
A Torino sta arrivando lentamente il bel tempo e  finalmente ho ripreso a dormire più di 4 ore per notte.
Ho anche sognato che le creme-viso della Sisley costassero 30 euro e che per 152 euro riuscissi a comprarne un intero scatolone. Follia.
Alle 14 mi aspetta Bi, il mio maestro, per migliorare la velocità nei colpi e per farmi scaricare il nervoso che ho addosso da sabato. Dalla sonora sconfitta e il forte schiaffo deludente che ho ricevuto e meritato.
In fondo rimango pur sempre un capricorno e il traguardo l'avrei voluto tagliare con onore.
" La paura è un sentimento sano, il compiangersi è da vigliacchi. La vita è fatta così, colpi ben fatti e servizi imprendibili, l'importante è non arrendersi e giocarsela fino in fondo. In fondo la tua Head nuova è una gran bella racchetta, usala. Kiss kiss tua cugi".
Sono arrivata all'estate della "V"  di Agassi. La Voglia di riprendersi tutto quello che ha lasciato gratuitamente a Pete e a Beker.

C'mon!

Tua Titti


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