Ore 13.38. Ieri.
Corso Moncalieri trafficata, ma nemmeno troppo. Una macchina inchioda di colpo e quella dietro la cilindra. In pieno.
Chiudo gli occhi. Non ci voglio credere. Non è un incubo? Ti prego fai sì che lo sia. Non lo è. E vedo pezzi della mia cinquecento in terra. Io sono quella che ha tamponato. Ai posteri ardua sentenza. O meglio, ai periti.
Nessuno si è fatto male. Questo è il punto primo.
Il punto secondo è un giallo. Un tergicristallo inerme senza proprietario. Nel dubbio lo prendo e lo tengo come ricordo. O perchè nel trambusto non riesco a capire: mio? suo? di chi? Fusa. Totale.
Punto terzo. Mi sono spaventata. Trattengo a fatica le lacrime e in preda a una crisi isterica blatero a me stessa qualcosa e sento cuore e testa sommersi in mare. Splash. Fluttante oscillo fra pensieri sconclusionati e ragioni senza tempo. Alla fine della fiera è andata benone. Il Boss si augura solo non si alzi troppo il premio dell'assicurazione. Mi rituffo in mare. Io che posso dire di essere cresciuta fra onde maestrali e corpi morti. Non ho paura. Al diavolo la piega e la perfezione da miss bikini trucco e parrucco on the beach. L'immancabile gran classico della tipa "coiffata" e meritevole di premio per resistenza di ore sul lettino senza cedere alle lusinghe di un bagno fresco. Onore pure a lei.
Ma io sono da tuffi. di testa. a bomba. a candela. e vince chi sta più sott'acqua.
La sensazione dell'ignoto mi affascina. Il blu dell'acqua. L'ossigeno che manca. E poi risalire. Nuova. Diversa. Ma sempre io.
Il mare chiama. Ovunque tu sia. Anche se sei lontano kilometri, e i ricordi incostanti di salsedine e sabbia si sbiadiscono su cartoline di memoria. Perchè è ancora aprile. Ma c'è un bel sole, lassù.
Dovrebbe essere arrivata la primavera. Lo dico sottovoce, che il rito scaramantico negli ultimi tempi è d'obbligo.
Martedì 17. Volemose bene.
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